Spedizione gratis a partire da € 90

Blues vs Country: scontro di culture o radici comuni?

di Redazione
 
photography effect pair boots hat guitar

La questione razziale ha attraversato gli Stati Uniti per secoli e, nonostante tutti gli sforzi, non sia può dire sia del tutto risolta. Lo scontro tra neri e bianchi non è soltanto una faccenda meramente politica, ma interessa tanti aspetti della storia e della cultura americana. Anche la musica non è stata esente. È il caso del blues e del country, due generi musicali associati il primo alla cultura nera, mentre il secondo a quella bianca, creando così una dicotomia che sembra quasi insanabile. Ma è davvero così?

Nell’articolo di oggi andremo a scoprire le origini dei due generi, analizzando come in realtà abbiano in comune molto più di quanto si possa e si voglia pensare, come stanno cercando di dimostrare alcuni artisti contemporanei.

Alle origini del blues, tra Mississippi e Cotton Belt

Il blues affonda le sue radici nell’esigenza degli afroamericani di esprimere fatica, dolore e speranza, divenendo mezzo di resistenza e comunicazione, in un contesto di lavoro forzato, quello delle piantagioni del Sud degli Stati Uniti.

Il blues deriva quindi dagli spiritual e dalle work songs, i canti ritmati degli schiavi nei campi, ma anche nei porti e nei cantieri: melodie improvvisate, spesso malinconiche, che risentono inevitabilmente dell’influenza della musica africana. Se volessimo trovare quindi un preciso luogo di origine, potremmo oscillare tra il corso del Mississippi e la cosiddetta Cotton Belt, quella vasta zona caratterizzata dalla coltivazione del cotone.

Se i luoghi di origine del blues sono ben definiti, la datazione risulta invece molto più complicata, come avviene spesso per la musica popolare.

Certamente, il 1865 segna una svolta: con la fine della Guerra Civile e l’abolizione della schiavitù, gli afroamericani ottengono maggiore libertà espressiva, e tra loro molti musicisti. A darci qualche indizio in più ci ha provato l’archeologo Charles Peabody, che nel 1901 annota le prime tracce documentate del blues, riguardanti le melodie dei lavoratori neri ascoltate durante degli scavi nel Mississippi, che evidenziano una struttura musicale simile al blues moderno.

Dalle sponde del Mississippi e dai campi della Cotton Belt il blues si sposta poi verso Nord, seguendo in particolare la Higway 61 (a cui Dylan “dedica” uno dei suoi più famosi album), arrivando nelle gradi città, in particolare Memphis, Chicago, e infine New York. Il blues si diffonde sempre più, grazie anche a grandi interpreti come Muddy Waters e Howlin’ Wolf, Bessie Smith e Etta James, B.B. King e John Lee Hooker (l’elenco sarebbe lunghissimo, ma ci fermiamo qua). Negli anni, il blues è diventato una delle basi più usate della musica del Novecento.

Country music: musica di bianchi per bianchi?

La musica country nasce nelle zone rurali del Nord America dall’incontro tra le tradizioni inglesi, scozzesi e irlandesi – ballate, inni liturgici e canti popolari – e le influenze afroamericane. Si sviluppa inizialmente negli Appalachi meridionali e, con l’avanzare della colonizzazione, si diffonde nel Sud e nell’Ovest degli Stati Uniti. In origine era una musica da ballo, eseguita da violinisti (fiddlers) durante fiere e feste paesane. Con l’aggiunta del banjo, della chitarra e del mandolino, nascono le prime string band.

Negli anni ’20, con l’industria discografica in crescita e le prime trasmissioni radiofoniche, il country diventa un fenomeno commerciale, inizialmente chiamato hillbilly music. Ralph Peer, un discografico alla ricerca di nuove sonorità, registra nel Sud artisti come Fiddlin’ John Carson, dando vita alla prima canzone country commerciale: The Little Old Log Cabin in the Lane. Peer intuisce il potenziale commerciale del genere, etichettando i dischi per il pubblico bianco (hillbilly) e quelli afroamericani come race records, nonostante le due comunità condividessero strumenti e repertori.

Negli anni ’30, durante la Grande Depressione, il country si evolve grazie ai ramblers, cantautori itineranti che raccontano storie di povertà e ingiustizia sociale. L’uso sempre più massiccio della radio ne amplia la diffusione.

Tra gli anni ’40 e ’50, Nashville diventa il cuore dell’industria country, dando vita al Nashville Sound, caratterizzato da arrangiamenti raffinati e un forte legame con la tradizione rurale. Tuttavia, la fusione con il boogie dà origine al rockabilly, contribuendo alla nascita del rock and roll.

Con l’ascesa del rock, il country assume toni più nostalgici, diventando il simbolo di un’America conservatrice legata al passato.

Ma quindi blues e country sono due generi davvero così incompatibili?

Quando il blues e il country si incontrano

In realtà, come si è accennato anche nel paragrafo precedente, anche il country viene influenzato dalla cultura afroamericana. E Ralph Peer, colui che ha fatto diventare il country un genere musicale spendibile sul mercato discografico, era ben consapevole, avendolo visto con i propri occhi, di come bianchi e neri in realtà spesso cantavano, e registravano, le stesse canzoni. La sua intuizione fu quella proprio di creare una dicotomia, individuando così dei target ben precisi, neri per il blues, bianchi per il country. Così, sebbene all’inizio del XX secolo metà delle band erano composte da neri, presto scomparvero perché non furono registrate. Un’esclusione reciproca in realtà, perché anche i neri non hanno mai “rivendicato” di voler “fare proprio” il genere. Pensiamo a Charley Pride, la prima superstar nera del country dalla carriera straordinaria, il quale ha sempre cercato di evitare discussioni sulla sua razza, diventando una figura che trascendeva le differenze razziali. Anche la sua etichetta inizialmente cercava di nascondere il suo background.

Ma ultimamente qualcosa sta cambiando. Innanzitutto, una riscoperta delle origini del country e dell’importanza della componente nera: un esempio chiave è la Carter Family, uno dei gruppi pionieri del country, il cui leader, A.P. Carter, non sapendo scrivere la musica, si avvaleva di Lesley Riddle, musicista nero, che raccoglieva le melodie nelle chiese dei neri, ma che oggi è quasi sconosciuto.

Negli ultimi anni, artisti come Rhiannon Giddens, Yola e Mickey Guyton hanno affrontato la questione razziale nel country. Giddens, con la sua carriera da solista e con i Carolina Chocolate Drops, ha integrato esperienze nere nella musica Americana. Guyton, con la sua potente Black Like Me, ha messo in luce la realtà razziale in America, mentre Yola ha guadagnato successo nell’Americana. Anche Darius Rucker, ex cantante degli Hootie and the Blowfish, ha avuto una carriera solista di successo nel country, pur provenendo da un percorso R&B.

L’inclusione di artisti neri nel country è cresciuta, ma la storia di questo genere musicale rimane ancora segnata da barriere razziali, nonostante l’importante contributo di questi artisti.

Un esempio recente è Cowboy Carter, l’album di Beyoncé dalle marcate sonorità country, con il quale l’artista ha voluto affrontare proprio il tema dell’identità e dell’inclusione nel genere. Il disco ha ottenuto ampi consensi da parte di pubblico e critica. Già nel 2016, però, Beyoncé aveva sperimentato una fusione tra R&B e country con Daddy Lessons, brano contenuto in Lemonade, che all’epoca suscitò reazioni contrastanti, anche da parte dei suoi stessi fan.

Insomma, seppur blues e country abbiano in comune molto più di quanto spesso si voglia ammettere, la strada per una “riconciliazione” è appena iniziata.

Close menu